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La normativa derogatoria per il superamento delle barriere architettoniche non si applica solo in presenza di disabili

25/01/2021

La giurisprudenza amministrativa è recentemente tornata a pronunciarsi sulla possibilità di applicare la normativa derogatoria in materia di superamento delle barriere architettoniche a prescindere dal fatto che l’opera prevista sia funzionale a persone con disabilità acclarata da certificati medici.

Nel caso di specie, un Comune ligure aveva diniegato l’istanza di permesso di costruire avanzata per l’installazione di un ascensore esterno ad un edificio, ritenendo non sufficiente che nell’immobile risiedessero due persone anziane, ma richiedendo che le stesse fossero anche proprietarie di un alloggio nello stabile e che la loro disabilità o ridotta capacità motoria risultasse comprovata mediante idonea certificazione medica.

A fronte dell’impugnazione proposta dagli interessati, il T.A.R. di Genova, con la recente sentenza Sez. I, 07.01.2021 n. 4, ha annullato il diniego comunale, ricordando che «la normativa in materia di abbattimento delle barriere architettoniche (artt. 77 e ss. del d.p.r. n. 380/2001, nei quali è confluita la legge n. 13/1989) costituisce espressione di un principio di solidarietà sociale e persegue finalità di carattere pubblicistico, volte a favorire, nell’interesse generale, l’accessibilità agli edifici. Di conseguenza, in base ad un’interpretazione costituzionalmente orientata, l’intervento deve essere consentito anche quando si tratti di persone anziane o che hanno una capacità motoria ridotta e, comunque, indipendentemente dall’effettiva utilizzazione dell’opera da parte di portatori di handicap, trattandosi di garantire diritti fondamentali e non già di accordare diritti personali ed intrasmissibili a titolo di concessione al disabile in quanto tale».

Si tratta di una pronuncia che, in effetti, conferma un’interpretazione oramai largamente prevalente. Più volte, anche il Supremo Consesso amministrativo ha avuto modo di chiarire «da un lato, che la legge n. 13 del 1989, non richiede la presenza di un portatore di handicap all’interno del condominio, dall’altro, che i soggetti destinati a beneficiare dell’abbattimento o della riduzione delle barriere architettoniche, non sono solo i mutilati ed invalidi civili, ma tutti coloro che, per qualsiasi causa, hanno una capacità motoria ridotta o impedita in forma permanente o temporanea» (Cons. di Stato, sez. VI, 09.03.2020, n.1682).

Ed, invero, la disciplina in esame «si applica anche a beneficio di persone anziane le quali, pur non essendo portatrici di disabilità vere e proprie, soffrano comunque di disagi fisici e di difficoltà motorie; tale legge infatti, in base ad un'interpretazione costituzionalmente orientata, esprime il principio secondo il quale i problemi delle persone affette da una qualche specie di invalidità devono essere assunti dall'intera collettività, e in tal senso ha imposto in via generale che nella costruzione di edifici privati e nella ristrutturazione di quelli preesistenti, le barriere architettoniche siano eliminate indipendentemente dalla effettiva utilizzazione degli edifici stessi da parte di persone disabili» (Cons. di Stato, sez. II, 14.01.2020, n. 355).

Siamo di fronte, in buona sostanza, ad un principio di solidarietà sociale ormai imprescindibile o di “solidarietà condominiale”, come riconosciuto anche dalla Suprema Corte civile, secondo la quale il diritto sulle parti comuni va contemperato con diversi interessi, «tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili all'eliminazione delle barriere architettoniche» (Cassazione civile, sez. II, 12.04.2018, n. 9101).

avv. Domenico Chinello