La
giurisprudenza amministrativa è recentemente tornata a pronunciarsi sulla
possibilità di applicare la normativa derogatoria in materia di superamento
delle barriere architettoniche a prescindere dal fatto che l’opera prevista sia
funzionale a persone con disabilità acclarata da certificati medici.
Nel
caso di specie, un Comune ligure aveva diniegato l’istanza di permesso di
costruire avanzata per l’installazione di un ascensore esterno ad un edificio, ritenendo
non sufficiente che nell’immobile risiedessero due persone anziane, ma richiedendo
che le stesse fossero anche proprietarie di un alloggio nello stabile e che la
loro disabilità o ridotta capacità motoria risultasse comprovata mediante idonea
certificazione medica.
A
fronte dell’impugnazione proposta dagli interessati, il T.A.R. di Genova, con la
recente sentenza Sez. I, 07.01.2021 n. 4, ha annullato il diniego comunale,
ricordando che «la normativa in materia di abbattimento delle barriere
architettoniche (artt. 77 e ss. del d.p.r. n. 380/2001, nei quali è confluita
la legge n. 13/1989) costituisce espressione di un principio di solidarietà
sociale e persegue finalità di carattere pubblicistico, volte a favorire, nell’interesse
generale, l’accessibilità agli edifici. Di conseguenza, in base ad un’interpretazione
costituzionalmente orientata, l’intervento deve essere consentito anche quando
si tratti di persone anziane o che hanno una capacità motoria ridotta e,
comunque, indipendentemente dall’effettiva utilizzazione dell’opera da parte di
portatori di handicap, trattandosi di garantire diritti fondamentali e non già
di accordare diritti personali ed intrasmissibili a titolo di concessione al
disabile in quanto tale».
Si
tratta di una pronuncia che, in effetti, conferma un’interpretazione oramai largamente
prevalente. Più volte, anche il Supremo Consesso amministrativo ha avuto modo
di chiarire «da un lato, che la legge n. 13 del 1989, non
richiede la presenza di un portatore di handicap all’interno del condominio,
dall’altro, che i soggetti destinati a beneficiare dell’abbattimento o della
riduzione delle barriere architettoniche, non sono solo i mutilati ed invalidi
civili, ma tutti coloro che, per qualsiasi causa, hanno una capacità motoria
ridotta o impedita in forma permanente o temporanea» (Cons. di Stato, sez. VI,
09.03.2020, n.1682).
Ed, invero, la disciplina in esame «si applica anche
a beneficio di persone anziane le quali, pur non essendo portatrici di
disabilità vere e proprie, soffrano comunque di disagi fisici e di difficoltà
motorie; tale legge infatti, in base ad un'interpretazione costituzionalmente
orientata, esprime il principio secondo il quale i problemi delle persone
affette da una qualche specie di invalidità devono essere assunti dall'intera
collettività, e in tal senso ha imposto in via generale che nella costruzione
di edifici privati e nella ristrutturazione di quelli preesistenti, le barriere
architettoniche siano eliminate indipendentemente dalla effettiva utilizzazione
degli edifici stessi da parte di persone disabili» (Cons. di Stato, sez. II, 14.01.2020,
n. 355).
Siamo di fronte, in buona sostanza, ad un principio
di solidarietà sociale ormai imprescindibile o di “solidarietà condominiale”,
come riconosciuto anche dalla Suprema Corte civile, secondo la quale il diritto
sulle parti comuni va contemperato con diversi interessi, «tra i quali deve
includersi anche quello delle persone disabili all'eliminazione delle barriere
architettoniche» (Cassazione civile, sez. II, 12.04.2018, n. 9101).
avv.
Domenico Chinello