Accade, talvolta, che un Ente locale provveda a diniegare
il rilascio di un titolo edilizio o l’assenso ad una sua successiva variante a
causa del mancato tempestivo pagamento del contributo di costruzione da parte
dell’interessato.
In altri casi, si riscontra il rilascio di titoli edilizi
che espressamente subordinano la propria efficacia al corretto e tempestivo
pagamento degli oneri di urbanizzazione e/o del costo di costruzione.
Del pari, si rinvengono talora dei provvedimenti comunali
che dispongono a posteriori la sospensione dell’efficacia di un permesso
di costruire sempre per l’omesso versamento dei contributi da parte del privato
titolare del P.d.C.
Ma si potrebbero individuare tanti altri provvedimenti “atipici”
– per dire così – di simile portata.
In tutte queste circostanze, risulta evidente il tentativo
dell’Amministrazione comunale di assicurarsi il pagamento del contributo dovuto
ex lege dal cittadino, cercando di incidere sulla possibilità che il cittadino
stesso possa concretamente “utilizzare” quel determinato titolo abilitativo
edilizio.
Se l’obiettivo perseguito dalla P.A., in casi siffatti, è
sostanzialmente comprensibile, pur tuttavia, si tratta di condotta non consentita
dalla disciplina di settore, ciò potendosi desumere, fra l’altro, dal chiaro tenore
delle seguenti disposizioni normative:
• l’art. 16 del d.P.R. n.
380/2001, che non condiziona affatto la legittimità del permesso di costruire
al preventivo pagamento del contributo di costruzione;
• l’art. 20 del medesimo d.P.R.
n. 380/2001, che – fra gli atti necessari al procedimento per il perfezionamento
del permesso di costruire – non contempla il preventivo pagamento degli oneri
concessori;
• l’art. 42 dello stesso Testo
Unico, che prevede unicamente l’applicazione di sanzioni pecuniarie o la
riscossione coattiva a carico di chi abbia ritardato od omesso il pagamento
degli oneri concessori, senza alcuna previsione di illegittimità o inefficacia del
titolo edilizio.
Con la recente decisione della Sezione II, n. 321 del 3
febbraio 2021, il T.A.R. Campania, sede di Salerno, è tornato ad occuparsi di una
vicenda di questo tipo ed offre l’occasione per delineare lo stato dell’arte sull’argomento.
A tal proposito, è un principio senz’altro consolidato quello
secondo cui il pagamento o meno degli oneri non può incidere sul rilascio e/o
sulla validità o perdurante efficacia di un titolo ad aedificandum, il
quale riposa esclusivamente sul rispetto dei parametri di carattere urbanistico-edilizio.
In tal senso, la giurisprudenza amministrativa ha
significativamente evidenziato, già anni or sono, che «È illegittimo il
diniego della richiesta di variante al permesso di costruire motivato sulla
base del mancato versamento degli oneri di costruzione; invero, le sanzioni per
il ritardato o l’omesso pagamento del contributo di costruzione, indicate nell’art.
42, d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, non comprendono la decadenza del titolo né,
quindi, il diniego di assentimento della sua proroga o di varianti; al
contrario, la decisione in ordine alla proroga o meno dell’efficacia del
permesso di costruire è atto che presuppone l’acclaramento della sussistenza o
meno delle circostanze indicate nell’art. 15, d.P.R. n. 380, cit., così come
quella su una variante postula una mera verifica di compatibilità
urbanistico-edilizia del progetto» (così la decisione T.A.R. Lazio, Latina,
sez. I, 10.10.2011, n. 788).
Sulla medesima falsariga, si rinvengono anche alcune recenti
pronunce del G.A. lombardo, il quale ha più volte ribadito che «Il titolo
edilizio si perfeziona indipendentemente dalla corresponsione degli oneri di
urbanizzazione, come si ricava anche dal tenore dell’art. 42, comma 3, l. reg.
Lombardia n. 12 del 2005. A tal fine, va richiamato l’art. 42, d.P.R. n. 380
del 2001 che prevede l’applicazione di una sanzione pecuniaria rapportata all’entità
del contributo in caso di mancato pagamento o per il suo ritardo, con la
possibilità per i Comuni di tutelarsi mediante la riscossione coattiva»
(così T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 05.09.2019, n.1949, ma anche T.A.R.
Lombardia, Milano, sez. II, 02.05.2018, n. 1183).
Del pari, è stato sentenziato che «Il mancato pagamento
degli oneri concessori, in mancanza di un’espressa previsione in tale senso,
non può comportare la mancata formazione del titolo ed essere sanzionato con la
demolizione (T.A.R., Campania, Napoli, sez. VII, 16/07/2013, n. 3708) atteso
che la decisione in ordine alla efficacia del permesso di costruire è atto che
presuppone l’acclaramento della sussistenza o meno delle circostanze indicate
nell’art. 15, d.P.R. n. 380 (riproduttivo dell’art. 4, commi 3, 4 e 5, l. n.
10/1977) così come quella su una variante postula una mera verifica di compatibilità
urbanistico-edilizia del progetto» (cfr. la parte motiva della decisione T.A.R.
Toscana, sez. III, 27.12.2018, n. 1690, pronunciata sul caso di un privato che,
a distanza di vent’anni dalla realizzazione di un intervento edificatorio, si
era visto contestare l’abusività dell’opera, in quanto – a detta dell’Ente – il
titolo edilizio di due decenni prima non si sarebbe mai perfezionato … a causa
del mancato versamento degli oneri).
Sempre nella prospettiva delineata, la pronuncia T.A.R.
Campania, Salerno, 17.06.2016, n. 1503, aveva riaffermato il principio di
diritto secondo cui i provvedimenti latu sensu inibitori dei titoli edilizi
(nel caso esaminato dalla sentenza dianzi richiamata, si trattava di un’ordinanza
di sospensione dell’efficacia del permesso di costruire) non possono
legittimamente essere adottati sulla base di problematiche concernenti il
pagamento degli oneri concessori, osservando che: «l’unica conseguenza
discendente dal mancato pagamento degli oneri de quibus potrebbe essere
quella delle esazione coattiva della pretesa creditizia e delle irrogazione delle
sanzioni pecuniarie di cui all’art. 42 del D.P.R. 380/2001, e non certamente,
in ogni caso, la sospensione dell’efficacia del permesso di costruire».
Ebbene, con la recente sentenza qui in esame, il medesimo T.A.R.
di Salerno è tornato sull’argomento, giudicando dirimente – ancora una volta – quanto statuito dall’art. 42 del T.U. in materia edilizia. Tale disposizione
stabilisce che il ritardato o il mancato versamento del contributo di costruzione
comporta l’applicazione di sanzioni pecuniarie, nella misura stabilita dai regolamenti
regionali, compresa negli intervalli percentuali previsti dalla norma statale
di riferimento. Ulteriormente, il comma 5 della suddetta disposizione prevede
che, in caso di persistenza dell’inadempimento, l’Amministrazione comunale proceda
alla riscossione del contributo e delle sanzioni secondo le norme vigenti in
materia di riscossione coattiva delle entrate (cfr. Cons. di Stato, sez. VI, 10.02.2021,
n. 1242, ma anche Cons. di Stato, sez. IV, 07.11.2017, n. 5133).
Di qui, consegue in maniera evidente
– a detta del T.A.R. – che il pagamento del contributo di costruzione non
rappresenta elemento condizionante la validità del titolo edificatorio. Tale approccio
è spiegabile con la natura del contributo quale obbligazione di pagamento
correlata al rilascio del titolo, la cui determinazione peraltro ha tipicamente
valore paritetico e non autoritativo (cfr., da ultimo, T.A.R. Lombardia, Milano,
sez. II, 13.10.2020, n. 1888; ma anche Cons. di Stato, Ad. Plen., 30.08.2018,
n. 12), cosicché – specie in presenza di una norma che regola, in maniera
esplicita, le conseguenze dell’inadempimento del privato – diviene contra
legem la determinazione con la quale l’Ente pubblico condizioni il rilascio
o la perdurante validità e/o efficacia del titolo (già emesso) all’adempimento
dell’obbligazione, rispetto alla quale il titolo costituisce mero presupposto
giuridico-fattuale.
In definitiva, può dirsi che la decisione in esame si pone
senz’altro nel solco della consolidata giurisprudenza in materia, risultando, non
solo, del tutto condivisibile, ma anche l’ennesima conferma di una prassi amministrativa
ancora purtroppo fortemente radicata.
avv. Domenico Chinello