Con la recente sentenza n. 54, del 31 marzo u.s., la Corte costituzionale
ha giudicato legittima la L.R. veneta n. 51/2019 in materia di recupero dei sottotetti
ad uso abitativo.
A detta della Consulta, la disciplina regionale diretta ad
introdurre specifici requisiti di altezza e aeroilluminazione per la sola porzione
dell’unità abitativa costituita dal recupero edilizio dei sottotetti non deroga
agli standard uniformi fissati dal D.M. 5 luglio 1975, i quali nulla
prescrivono con riguardo ad una fattispecie così specifica come quella in esame.
Ciò perché, innanzitutto, i locali in questione costituiscono
solo una parte dell’unità abitativa, che deve preesistere e possedere già i
prescritti requisiti di abitabilità. Inoltre, tali locali sono caratterizzati
normalmente da una peculiare morfologia, tanto che la disciplina impugnata fa riferimento
all’altezza media, da calcolarsi escludendo le parti del sottotetto inferiori ad
una certa soglia.
Del resto – secondo la Corte – tali interventi di recupero
perseguono interessi ambientali certamente apprezzabili, quali
la riduzione del consumo di suolo e l’efficientamento energetico.
La medesima sentenza ha, invece, dichiarato incostituzionale la
norma della L.R. 51/2019 relativa al titolo edilizio richiesto, nella parte in
cui faceva generico riferimento alla SCIA.
Dopo tale decisione, alcune
considerazioni merita la parziale dichiarazione di incostituzionalità relativa
al titolo edilizio necessario. Invero, ad una primissima lettura, si potrebbe
forse pensare che la Consulta abbia inteso bocciare tout court la SCIA
ordinaria (ex art. 22, d.P.R. 380/2001), giungendo a sostenere che il recupero
dei sottotetti dovrebbe necessariamente sottostare – sempre ed in ogni caso –
alla SCIA alternativa al P.d.C.. Sennonché, un esame più approfondito della
decisione della Corte dovrebbe ragionevolmente farci propendere per
un’interpretazione di segno diverso; e ciò in ragione di una lettura
sistematica della normativa di riferimento e anche alla luce di un’altra
recentissima decisione del Giudice delle Leggi.
Ma andiamo per ordine.
Con la sentenza n.
54/2021 qui in esame, la Consulta si è limitata a sostenere che il riferimento
generico alla SCIA – contenuto nella norma regionale veneta impugnata (art. 3,
comma 2, L.R.V. 51/2019) – potrebbe generare il dubbio che tutte le ipotesi di
recupero dei sottotetti possano assentirsi con SCIA ordinaria, anche nel caso
in cui sia invece necessaria la SCIA alternativa.
La decisione di cui
trattasi non specifica, in alcun punto della motivazione, che tutti gli
interventi di recupero dei sottotetti debbano assoggettarsi alla SCIA
alternativa.
Anzi, la parte motiva
così recita: «La disposizione dell’art. 3, comma 2, della legge reg. Veneto n.
51 del 2019, per come formulata, potrebbe facilmente indurre i destinatari del
precetto a ritenere sufficiente la SCIA “ordinaria” per tutti gli interventi in
questione, compresi quelli assoggettati a permesso di costruire o a SCIA
“alternativa” in base al T.U. edilizia», il che dovrebbe far desumere a
contrariis che vi siano anche quelli assoggettati a SCIA ordinaria.
Di qui, la parziale
dichiarazione di incostituzionalità del citato art. 3, comma 2, ha
semplicemente finito per rinviare alla disciplina generale del T.U.
dell’Edilizia e a tutti i titoli abilitativi (in senso lato) ivi richiamati.
Fermo restando che gli
interventi di recupero dei sottotetti sono qualificati come interventi di
“ristrutturazione edilizia” ex art. 3, comma 1, lett. d) del Testo Unico,
cionondimeno, non tutti gli interventi di ristrutturazione sono assoggettati al
P.d.C. o alla SCIA alternativa, ex art. 23, comma 01, lett. a) T.U.E., ma solo
quelli di c.d. “ristrutturazione pesante” individuati dall’art. 10, comma 1, lett.
c) del medesimo Testo Unico.
Viceversa, gli
interventi di ristrutturazione che NON rientrano nella ristrutturazione
“pesante” (ossia quelli di ristrutturazione “leggera”, che si desumono per
esclusione) possono essere realizzati con SCIA ordinaria, ex art. 22, comma 1,
lett. c).
Ne consegue che anche
gli interventi di recupero dei sottotetti, in quanto soggetti a tutti i titoli
ordinari del Testo Unico, richiedono ragionevolmente la SCIA alternativa solo
quando siano qualificabili come ristrutturazione edilizia “pesante” (e cioè,
quando portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal
precedente, nei casi in cui comportino:
• modifiche della
volumetria complessiva degli edifici;
• quando, limitatamente
agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della
destinazione d’uso;
•
quando
comportino modificazioni della sagoma o della volumetria complessiva degli
edifici o dei prospetti di immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice
Urbani, D.Lgs. n. 42/2004).
Al di fuori di questi
casi, trattandosi di ipotesi di ristrutturazione edilizia “leggera”, la SCIA
ordinaria dovrebbe ritenersi sufficiente.
D’altro canto, la
stessa Corte costituzionale, appena pochi mesi fa, ha confermato la piena
legittimità di interventi di recupero dei sottotetti assentibili con SCIA
ordinaria, allorquando ricadano nella ristrutturazione “leggera”.
Si tratta della
sentenza Corte Costituzionale, 13 gennaio 2021, n. 2, che ha deciso
l’impugnazione proposta dal Presidente del Consiglio dei Ministri contro la
legge della Regione Toscana 22 novembre 2019, n. 69, recante disposizioni in
materia di governo del territorio, di adeguamento alla normativa statale in
materia di edilizia e di sismica, e quant’altro.
In quel caso, il ricorso
statale riguardava numerosissimi articoli della legge regionale toscana, ma –
per quanto ci interessa in questa sede, ai fini interpretativi – possiamo
limitarci all’impugnazione proposta contro l’art. 66 di quella normativa,
relativo proprio ai sottotetti.
Questo si legge nella motivazione della citata decisione della Consulta: «Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, la prima disposizione contrasterebbe con «il combinato disposto dell’art. 10, comma 1, lettera c), dell’art. 23, comma 1, lettera a), e dell’art. 22, comma 1, lettera c)», T.U. edilizia, in violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione alla materia «governo del territorio». Ciò in quanto gli interventi diretti al recupero dei sottotetti sarebbero inquadrabili nella categoria degli interventi di ristrutturazione edilizia.
17.2.- Secondo la
difesa regionale, la censura sarebbe infondata. Gli interventi di recupero dei
sottotetti rientrerebbero tra gli interventi di ristrutturazione cosiddetta
"leggera", assoggettabili alla SCIA "ordinaria" di cui
all’art. 22 T.U. edilizia, che comprenderebbe «quelle attività edilizie di
ristrutturazione che non alterano la sagoma dell’edificio qualora sottoposto a
vincolo ai sensi del D. Lgs. n. 42/2004». La legge reg. Toscana n. 5 del 2010
avrebbe pertanto disciplinato gli interventi ammissibili per il recupero dei
sottotetti in modo da ritenerli riconducibili alla ristrutturazione edilizia
"leggera" di cui all’art. 135, comma 2, lettera d), della legge reg.
Toscana n. 65 del 2014, come confermato dalla previsione che non è ammessa
modifica della sagoma (art. 1, comma 2, della legge reg. Toscana n. 5 del
2010), né alcuna modificazione delle altezze di colmo e di gronda delle
superfici o delle linee di pendenza delle falde, né, infine, alcun aumento
delle unità immobiliari esistenti (art. 3, comma 3 e 4, della legge reg.
Toscana n. 5 del 2010). Proprio per tali ragioni, questi interventi sarebbero
stati già soggetti a mera SCIA "ordinaria" (art. 2, comma 2, della
legge reg. Toscana n. 5 del 2010).
17.3.- La censura non è
fondata.
La norma regionale
impugnata, in sostanza, consente che, per il tramite degli interventi di
recupero abitativo dei sottotetti e contestualmente a tali interventi, si possa
far transitare – mediante SCIA "ordinaria" – l’unità immobiliare (cui
il sottotetto accede) alla categoria funzionale «residenziale». La stessa norma
regionale precisa che ciò non può avvenire nei centri storici, per i quali essa
impone il permesso di costruire o la "super SCIA", secondo quanto
stabilito dal T.U. edilizia. Ora, l’art. 10, comma 2, T.U. edilizia consente
alle Regioni di stabilire «con legge quali mutamenti, connessi o non connessi a
trasformazioni fisiche, dell’uso di immobili o di loro parti, sono subordinati
a permesso di costruire o a segnalazione certificata di inizio attività»; e ciò
fermo il vincolo, stabilito dall’art. 10, comma 1, T.U. edilizia, della
necessità del permesso (tra l’altro) per i mutamenti di destinazione d’uso nei
centri storici (permesso eventualmente sostituibile con la "super
SCIA", ex art. 23, comma 01, lettera a, dello stesso testo unico). La
Regione ha fatto uso di tale facoltà. La norma regionale impugnata, dopo aver
richiesto il permesso o la "super SCIA" per gli interventi di recupero
dei sottotetti da cui possa originare il mutamento di destinazione d’uso per
immobili siti nei centri storici [e questo sarebbe indubbiamente un intervento
di ristrutturazione “pesante”, ex art. 10, comma 1, lett. c) del Testo Unico.
N.d.R] ha stabilito che per gli immobili esterni ai centri storici è
sufficiente la SCIA "ordinaria". Il che, in assenza di alterazioni
dell’edificio originario tali da costituire interventi di ristrutturazione
"pesante", non appare in contrasto con alcun principio fondamentale
stabilito dal T.U. edilizia».
In buona sostanza, la
regione Toscana ha disciplinato ipotesi diverse di recupero dei sottotetti: per
quelle che ricadono nella ristrutturazione pesante (ai sensi della disciplina 4
statale) ha richiesto il P.d.C. o la super SCIA (leggasi, SCIA alternativa),
mentre, per quelle che rientrano nella ristrutturazione leggera, ha previsto la
SCIA ordinaria.
E La Corte
costituzionale – con la citata decisione n. 2/2021 – ha dichiarato la piena
legittimità di siffatta previsione, proprio perché la SCIA ordinaria – ripetesi
– «in assenza di alterazioni dell’edificio originario tali da costituire
interventi di ristrutturazione "pesante", non appare in contrasto con
alcun principio fondamentale stabilito dal T.U. edilizia».
Quest’ultimo inciso
pare francamente quello più rilevante: non si rinviene nel T.U.E. alcun
principio fondamentale che possa far ricondurre automaticamente il recupero di
un sottotetto nella categoria della “ristrutturazione pesante”, ma ogni caso va
valutato a sé, giusta la definizione contenuta nel più volte citato art. 10,
comma 1, lett. c) del T.U. Edilizia e i requisiti ivi contemplati.
Se ne dovrebbe
concludere quanto segue:
• se un determinato
intervento di recupero del sottotetto è concretamente ascrivibile ad una
ristrutturazione edilizia “pesante”, richiederà il P.d.C. o la SCIA
alternativa;
•
se,
invece, non ricade nelle ipotesi elencate dall’art. 10, comma 1, lett. c) del
Testo Unico, si tratterà allora di un intervento di ristrutturazione edilizia
“leggera” e – come tale – sarà perfettamente assentibile con SCIA ordinaria.
In definitiva, ad
avviso dello scrivente, la sentenza della Corte costituzionale n. 54/2021 non
ha ricondotto in automatico tutti gli interventi di recupero dei sottotetti
alla ristrutturazione “pesante”, ma ha semplicemente sgomberato il campo da una
norma regionale dubbia, rinviando sic et simpliciter alla normativa
statale e a tutti i titoli abilitativi edilizi ivi previsti e disciplinati.
Spetterà, poi, all’interprete, di volta in volta, ricondurre il singolo
intervento alla categoria corretta e scegliere il titolo di conseguenza.
avv. Domenico Chinello