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I balconi aggettanti devono rispettare le distanze legali tra fabbricati

20/10/2021

Ogniqualvolta un fabbricato presenta un balcone in aggetto, le distanze legali vanno computate dal bordo del balcone e non dalla parete perimetrale dell’immobile. Invero, ai fini del rispetto della distanza minima tra edifici frontistanti, costituiscono corpo di fabbrica anche le sporgenze che presentano particolari proporzioni, come i balconi sostenuti da solette aggettanti, anche se scoperti, ove siano di apprezzabile profondità ed ampiezza, giacché – pur non corrispondendo a volumi abitativi in senso stretto – rientrano nel concetto civile di “costruzione”, in quanto destinati ad ampliare la consistenza dell’edificio.

Ed, infatti, secondo il costante insegnamento della giurisprudenza, sia civile che amministrativa, non sono computabili nel calcolo della distanza fra edifici solamente le parti che hanno funzione meramente ornamentale e decorativa (ad esempio, le mensole, le lesene, i risalti verticali), le canalizzazioni di gronde e i loro sostegni, gli aggetti e gli sporti di ridotte dimensioni e qualsivoglia altro elemento di minima entità, mentre non possono essere esclusi dal computo delle distanze legali le pensiline, i balconi e tutte quelle sporgenze che – per le particolari dimensioni che presentano – sono destinate ad estendere ed ampliare la parte concretamente utilizzabile per l’uso abitativo del fabbricato. In tal senso, fra le più recenti sentenze del Giudice amministrativo, si segnalano Consiglio di Stato, sez. VI, 18.01.2021, n. 521, T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 05.03.2021, n. 2763, T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 02.04.2019, n. 485 e molteplici altre.

Sulla stessa falsariga, peraltro, si pone anche il consolidato orientamento interpretativo del Giudice civile, come la decisione Cassazione civile, sez. II, 29.01.2018, n. 2093, o Cassazione civile, sez. I, 10.08.2017, n. 19932, o ancora Cassazione civile, sez. II, 19.09.2016, n.18282.

Di analogo tenore è anche la recente pronuncia Corte di Cassazione, sez. II, 17.09.2021, n. 25191, nella cui motivazione si legge:

«Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 873 c.c. e la falsa applicazione dell'art. 11 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Campi Bisenzio, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché il giudice di seconde cure avrebbe erroneamente deciso la domanda relativa all'arretramento dei balconi realizzati nel nuovo edificio facendo applicazione della disposizione di cui all'art. 905 c.c., in materia di diritto di veduta, e non invece di quella di cui all'art. 873 c.c., in materia di distanze tra gli edifici. La censura è fondata. La Corte di Appello ha, da un lato, richiamato la motivazione resa dal Tribunale, secondo la quale "... le disposizioni regolamentari prevedono che ai fini del calcolo della anzidetta distanza di mt. 5 non debbano essere considerati gli aggetti della copertura e gli elementi decorativi nonché le terrazze aggettanti" (cfr. pag. 14), e dall'altro lato affermato che nel caso di specie non verrebbe in rilievo un problema di distanze tra le costruzioni o dal confine, ma piuttosto una questione di regolamentazione del diritto di veduta, con conseguente applicazione non dell'art. 873 c.c., ma dell'art. 905 c.c. Entrambe le affermazioni sono erronee.

In particolare, è errata la seconda – che logicamente precede la prima – in quanto il balcone costituisce una parte dell'edificio, ond'esso va considerato, ai fini del calcolo delle distanze tra fabbricati, o tra essi ed il confine. E lo è la seconda, in base al consolidati principio -al quale il collegio ritiene di dare continuità- secondo cui "In tema di distanze legali fra edifici non sono computabili le sporgenze esterne del fabbricato che abbiano funzione meramente ornamentale, mentre costituiscono corpo di fabbrica le sporgenze degli edifici aventi particolari proporzioni, come i balconi sostenuti da solette aggettanti, anche se scoperti, ove siano di apprezzabile profondità e ampiezza, giacché, pur non corrispondendo a volumi abitativi coperti, rientrano nel concetto civilistico di costruzione, in quanto destinati ad estendere ed ampliare la consistenza dei fabbricati. Ne consegue che l'art. 14 delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore di Verona, là dove si riferisce alla lunghezza dei "corpi prospicienti" per rapportare le distanze all'altezza massima dei fabbricati, essendo il "corpo di fabbrica" sinonimo di "costruzione" agli effetti dell'art. 873 cod. civ., che non può essere derogato da norme secondarie, se non per stabilire distanze maggiori dal confine, deve essere interpretato nel senso che la lunghezza delle facciate degli edifici dev'essere computata così da escludere solo le sporgenze aventi funzione ornamentale e non anche quelle che prolungando il fronte eccedono detta funzione" (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1.2964 del 31/05/2006, Rv. 593831; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5963 del 25/03/2004, Rv. 571526; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1556 del 26/01/2005, Rv. 578604).

In termini ancor più chiari, si è affermato che "In tema di distanze tra costruzioni su fondi finitimi, ai sensi dell'articolo 873 c. c., con riferimento alla determinazione del relativo calcolo, poiché il balcone, estendendo in superficie il volume edificatorio, costituisce corpo di fabbrica, e poiché l'articolo 9 del D. M. 2 aprile 1968 – applicabile alla fattispecie, disciplinata dalla legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150, come modificata dalla legge 6 agosto 1967 n. 765 – stabilisce la distanza minima di mt. 10 tra pareti finestrate e pareti antistanti, un regolamento edilizio che stabilisca un criterio di misurazione della distanza tra edifici che non tenga conto dell'estensione del balcone, è contra legem in quanto, sottraendo dal calcolo della distanza l'estensione del balcone, viene a determinare una distanza tra fabbricati inferiore a mt. 10, violando il distacco voluto dalla cd. legge ponte (legge 6 agosto 1967 n. 765, che, con l'articolo 17, ha aggiunto alla legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150 l'articolo 41 quinquies, il cui comma non fa rinvio al D. M. 2 aprile 1968, che all'articolo 9, numero 2, ha prescritto il predetto limite di mt. 10)"(Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17089 del 27/07/2006, Rv. 593396).

Da quanto precede deriva che i balconi devono sempre essere considerati ai fini del calcolo della distanza tra edifici e tra questi ed il confine. Le sole parti delle quali può non tenersi conto, in detto calcolo, sono quelle aggettanti, aventi una funzione esclusivamente artistica ed ornamentale, quali fregi, sculture in aggetto e simili».

avv. Domenico Chinello